
Anche gli spostamenti vanno pagati - maratonainternazionalediroma.it
Adesso puoi chiedere i rimborsi anche per il tragitto quotidiano tra casa e ufficio, la legge parla chiaro.
Ci sono momenti della giornata in cui si pensa di non star davvero lavorando, eppure ogni singolo minuto potrebbe essere più importante di quanto immaginiamo. A volte basta un semplice spostamento e un po’ di traffico, apparentemente banale, per farci perdere tempo e denaro che potrebbero essere invece impegnati altrove.
Se già la ore passate a lavoro sono tante, ritrovarsi a perdere tempo per gli spostamenti non è certo piacevole, specialmente quando si torna a casa. Ma qualcosa sta cambiando e nuova legge permette finalmente di richiedere dei rimborsi per il tempo speso tra uno spostamento e l’altro.
Adesso sono obbligati a pagarti
La Corte di Cassazione ha appena acceso un faro luminoso su una questione annosa e molto sentita da chi lavora in trasferta o su chiamata. Chi si sposta per esigenze aziendali ha diritto a vedere riconosciuto quel tempo come orario di lavoro e quindi a essere pagato.

Il caso che ha portato alla sentenza riguarda alcuni tecnici manutentori che ogni giorno percorrevano chilometri su indicazione dell’azienda per intervenire presso clienti esterni. L’azienda, però, compensava solo le ore di viaggio eccedenti una soglia minima e si basava su un sistema di geolocalizzazione per calcolare i tempi.
La Corte, però, ha dichiarato nullo questo accordo, ribadendo che ogni minuto passato in viaggio per lavoro è a tutti gli effetti tempo da retribuire. La norma di riferimento è chiara, “orario di lavoro” significa ogni periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro.
Il tragitto, se richiesto dall’azienda, rientra in questa definizione, senza possibilità di franchigie o esenzioni, tutto deve essere preso in considerazione per lo stipendio. Non importa se si viaggia in auto aziendale o si effettuano brevi spostamenti per caricare materiali, tutto è parte integrante del lavoro in sé.
Un aspetto cruciale della sentenza è l’invalidità di qualsiasi accordo interno che limiti questo diritto per i lavoratori in mobilità, senza eccezioni o sconti. Non può esserci un contratto o un’intesa sindacale che, di fatto, riduca o annulli internamente la retribuzione dovuta per il tempo di viaggio.
Le conseguenze di questa decisione sono molto ampie e riguardano non solo tecnici e manutentori, ma anche installatori, operatori on-site, tecnici informatici e addetti all’assistenza. Chi segue le indicazioni del datore di lavoro mentre si muove non è libero, quindi quel tempo è lavoro a tutti gli effetti.
Questo principio si allinea ad altri orientamenti già noti, come il riconoscimento del tempo “tuta”, cioè quello per indossare o togliere dispositivi di protezione obbligatori. Per i lavoratori, questa sentenza rappresenta un’arma in più per chiedere il giusto compenso anche per quelle ore che spesso venivano ignorate o sottostimate.